Trent’anni di abusi sessuali, violenze e umiliazioni coperte dal segreto.
L’Irlanda è sotto choc per un nuovo rapporto presentato ieri dal ministro della Giustizia Dermot Ahern e che illustra quel che accadde nell’arcidiocesi di Dublino tra il 1975 e il 2004, un quadro pesante popolato da 46 sacerdoti pedofili, protetti o comunque non sanzionati dai vertici ecclesiastici dell’epoca.
Contemporaneamente, peraltro, anche le autorità civili tendevano a voltarsi dall’altra parte, concedendo una sorta di immunità agli uomini di Chiesa purtroppo coinvolti.
L’attuale arcivescovo di Dublino Diarmuid Martin ha parlato chiaro. Ha offerto le sue «scuse», proclamato il suo «dolore» e la sua «vergogna» per quanto accaduto.
«So bene – ha poi sottolineato – che nessuna parola di scuse sarà mai sufficiente. Questo scandalo deve essere un’occasione per tutti per essere vigili, in modo che gli abusi sui bambini, ovunque avvengano nella società, vengano individuati e le giuste contromisure adottate».
Sono oltre 700 le pagine del rapporto, frutto di un’indagine governativa e che si occupa dei 46 religiosi e dei loro abusi. Si parla di 320 casi di sevizie: uno dei sacerdoti citati nel rapporto ha ammesso di aver violentato oltre cento ragazzi, mentre un altro ha confessato di aver usato violenze nel corso di 25 anni. Ma l’atto di accusa non coinvolge soltanto gli autori delle violenze: a essere chiamati in causa, infatti, sono anche quattro arcivescovi che «misero la "reputazione" della Chiesa davanti alla protezione di bambini indifesi».
Si tratta di John Charles McQuaid (arcivescovo di Dublino), dei suoi successori Dermot Ryan, Kevin McNamara e Desmond Connell, l’unico ancora vivo. E proprio il cardinal Connell ha espresso ieri il suo «amaro rammarico» per avere in parte «contribuito alla sofferenza delle vittime».
L’arcidiocesi di Dublino – si legge, dunque, nel documento governativo – almeno fino al 1990 «si è preoccupata più di mantenere il segreto, di evitare gli scandali, di proteggere la reputazione della Chiesa e di salvare i suoi beni. Tutte le altre considerazioni, inclusa la salute dei bambini e la giustizia per le vittime, sono state subordinate».
«C’è una crudele ironia – ha incalzato il ministro Ahern – nel fatto che la Chiesa, parzialmente motivata dal desiderio di evitare degli scandali, ne abbia in effetti creato uno di dimensioni sconvolgenti. In molti casi il benessere dei bambini non ha contato nulla e gli autori degli abusi sono rimasti liberi di continuare a fare del male a innocenti».
Invece di assicurare alla giustizia i colpevoli, infatti, venne adottata una politica di «non chiedere, non dire»: i sospettati venivano infatti semplicemente e segretamente «spostati da una parrocchia all’altra» e lì, in molti casi, trovavano addirittura nuove «prede». «Qualsiasi sia la ragione storica e sociale per questi fatti – ha detto il ministro Ahern – il governo, per conto dello Stato, si scusa senza riserve per il fallimento delle istituzioni di fronte a un caso come questo».
Il rappresentante del governo ha poi sottolineato di aver provato «a livello umano, come padre», un senso «di disgusto e rabbia»: «Disgusto per questi orribili atti commessi contro bambini. Rabbia per come furono trattati questi bambini, con i colpevoli spesso lasciati liberi di abusare di loro».
«Ma la nostra rabbia – ha proseguito – non ci può distrarre da quel che deve essere fatto: le persone che hanno commesso questi crimini, e non importa quando è successo, continueranno a essere perseguite. Devono sapere che la giustizia, anche dov’è stata ritardata, non verrà negata».
E questo è il sentimento comune della Chiesa e dei cattolici irlandesi.
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SIC: Avvenire